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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 24/05/2015 @ 08:36

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che una bellissima serata da ricordare, grazie ai giocatori e al tecnico che hanno sviluppato un gioco incredibile, un saluto agli amici di Cosenza, ricordando Enrico Cava. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 23/05/2015 @ 07:52

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che ventisei milioni di vittime, la meta' civili: è il prezzo pagato per il primo conflitto mondiale di cui quest’anno ricorre il Centenario, che coinvolse 28 paesi tra l'estate del 1914 e la fine del 1918. La Grande Guerra vide la contrapposizione delle forze dell’Intesa – Francia, Gran Bretagna, Russia, Italia e loro alleati - , e gli Imperi Centrali – Austria, Ungheria, Germania e loro alleati. Ha avuto una dimensione mondiale perché è stata combattuta oltre i confini dell’Europa: nell'Impero ottomano, nelle colonie tedesche in Asia e su tutti i mari. Cinque i fronti dei combattimenti: quello occidentale, tra Francia e Germania, lungo la Marna e la Somme; quello orientale, o russo, esteso e privo di barriere naturali; quello meridionale, o serbo; l’austro-italiano, sulle Alpi orientali e in Carnia e quello greco, a Nord di Salonicco. Per ricordare, e non dimenticare, anche l’Italia ha organizzato numerose iniziative che sin dall’inizio di quest’anno stanno animando il dibattito, per informare i più giovani attraverso iniziative nelle scuole, e illustrare, con mostre fotografiche e allestimenti, i luoghi del conflitto. Un minuto di silenzio: domenica 24 maggio alle 15 l'Italia si ferma. Stelle alpine fatte di carta, colpi a salve in 24 città alla stessa ora, con le tv sintonizzate sul ricordo: "È corale la commemorazione che il Governo ha riservato al 24 maggio, data che 100 anni fa segnò l'ingresso dell'Italia nella Prima guerra mondiale e che costò il sacrificio di 650mila caduti militari e circa 600mila vittime civili. Per ricordare, il Paese si ferma con un minuto di raccoglimento osservato alle ore 15 dalle istituzioni, dalla società civile e dal mondo dello sport", riferisce una nota del governo. Raccoglimento anche negli stadi prima di ogni competizione, dove calciatori e arbitri della Serie A scenderanno in campo indossando una maglia con la scritta "Ricorda", composta dai versi delle poesie di Giuseppe Ungaretti. Stesso messaggio al braccio dei 600 podisti militari della staffetta "L'Esercito marciava". "E' un invito alla memoria che si ripete e si rivolge principalmente alle giovani generazioni", si legge nel comunicato del governo. Con lo sguardo rivolto al futuro, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, già nell’aprile scorso ha rivolto un messaggio ai 3.500 giovani provenienti da tutta Italia che hanno partecipato al Meeting per la pace che si è svolto a Udine. "Dobbiamo fare memoria della nostra storia per affrontare con maggiore coscienza il nostro futuro" recitava il messaggio. Perché "La Grande Guerra fu un'immane tragedia per l'Europa e per l'umanità”. "La pace e' una grande speranza, ma e' anche una necessita' – ha spiegato il Presidente - non c'e' democrazia che possa sopravvivere alla violenza e alla sopraffazione, alla logica del nemico e del conflitto insanabile".

Alla fine saranno circa 8.338 i biglietti staccati, che sommati agli abbonati, sponsor, inviti, addetti, faranno si che questa sera il Ferraris sarà decisamente pienotto. Ieri sera è arrivata la news ufficiale "Il Genoa Cfc comunica di aver depositato il ricorso all’Organo Arbitrale delle Licenze Uefa presso il Coni". Infine, Preziosi "Sono fiducioso sulla licenza Uefa, spero di vincere domani contro l'Inter. La Samp? Se ha i requisiti, andrà in Europa. Matri sta facendo bene con la Juve? Io ho Niang, non ho rimpianti. A Genova 'resuscitiamo' un po' tutti, sono contento. Perin? Resterà al Genoa, almeno lo spero. Ma se arriva un'offerta, la guarderemo. I giocatori contano però, Bertolacci come fa a restare da noi se gli offrono il triplo dello stipendio?". Sotto, Martina ed Antognoni in amicizia.

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 22/05/2015 @ 07:12

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che Pac-Man, la voracissima sfera gialla icona dei videogiochi Arcade, compie 35 anni. Un compleanno che il 22 maggio Sony Pictures celebra con eventi in tutto il mondo, da Tokyo a Chicago, da New York a Parigi, nell'attesa di Pixels, il film in 3d diretto da Chris Columbus con Adam Sandler, Peter Dinklage, Josh Gad e Michelle Monaghan, in uscita il 29 luglio distribuito da Warner Bros. "Pac-Man è uno dei personaggi 8-bit più famosi della storia e noi volevamo festeggiare e ricordare il suo 35° compleanno - ha detto Josh Greenstein, presidente per Sony Pictures -. Siamo felici che sia parte di Pixels e siamo desiderosi di vederlo in azione, prima del debutto però lo celebreremo al meglio". A Tokyo, città natale di Pac-Man, i fan potranno partecipare all'evento allestito alla Tokyo Tower ed entrare così nel Guinness dei primati creando la più grande riproduzione "umana" del videogioco. A questa sfida parteciperanno anche gli attori giapponesi Yanagisawa e Watanabe. Il creatore di Pac-Man, Toru Iwatani sarà invece a Chicago per una serie di eventi in stile anni '80, tra cui il panel a cui parteciperà anche Billy Mitchell, primo giocatore ad aver realizzato il 'perfect score' al videogioco. "È difficile credere che siano passati 35 anni da quando abbiamo creato Pac-Man - ha spiegato Iwatani -. Volevamo creare qualcosa che durasse nel tempo, ma tutto ciò ha superato ogni nostra aspettativa. Personalmente sono anche orgoglioso che il nostro personaggio abbia un ruolo importante in Pixels, gli effetti visivi del Pac-Man gigante per le strade di New York saranno straordinari, qualcosa di mai visto fino ad ora. Il mio augurio per questo compleanno è che Pac-Man continui a divertire". In 75 città del Nord America la catena di ristoranti Dave & Buster's contribuirà ai festeggiamenti con una speciale partita multi giocatore, la Pac-Man Battle Royale. Nel Regno Unito una sfera gialla ispirata al personaggio di Iwatani verrà lanciata nello spazio e il suo viaggio verrà ripreso con una speciale videocamera GoPro. Ancora tanto altro in Spagna, Francia e Parigi dove, in occasione degli internazionali di Francia 2015 -Roland Garros, Serena Williams, presente in Pixels con un cameo, dedicherà un particolare saluto ai fan di tutto il mondo.

Ben 6.500 biglietti staccati finora, 23.000 paganti già garantiti a 36 ore dalla partita sono una cifra di tutto rispetto, con l'obiettivo raggiungibilissimo di superare quota 25.000. Se si fosse giocato domenica e con i conti in ordine, a che cifra saremmo arrivati? Ci sono molti genoani che vogliono salutare e ringraziare questa squadra, poi l'ultima a Sassuolo e tutto finirà, con il solito folle calciomercato e l'impossibilità di giocare in Europa perchè la Società non ha risposto ai minimi canoni richiesti dall'UEFA. Così è, se vi pare. Sotto, particolare di Inter-Genoa 1982-83. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 21/05/2015 @ 07:13

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che mentre la notizia del grave ferimento di Mutlu Kaya fa il giro del mondo, la polizia turca sembra aver individuato nel suo fidanzato il sospettato numero uno del tentato omicidio della 19enne concorrente di un talent televisivo. Un'indagine delicatissima per l'immagine del Paese, perché finita ormai sotto i riflettori della stampa internazionale. Secondo l'ipotesi investigativa, è stato lui, Veysi Ercan, 26 anni, a penetrare nelle prime ore del mattino del 18 maggio nel giardino della casa di Mutlu nel distretto di Ergani, provincia di Diyarbakir, e a fare fuoco attraverso una finestra mentre lei stava provando nel cuore della notte le sue canzoni. Ercan era stato fermato ieri, oggi la conferma dell'arresto da parte del giudice penale di pace del distretto. Lo stesso giudice ha ordinato il rilascio di altri tre sospettati.

Dalle prime indicazioni emerse dalle indagini, Ercan si trovava nei pressi della casa della fidanzata alle 3 del mattino, l'aggressione è avvenuta circa mezz'ora dopo. Il giovane ha confermato la circostanza, ma ha negato con fermezza di aver premuto il grilletto, affermando invece che quella notte era ubriaco. La polizia ha impiegato diverse ore a rintracciarlo. Il giovane aveva spento il cellulare e si era allontanato da Ergani, giustificando poi il suo comportamento come un modo per sottrarsi al prevedibile confronto con la famiglia della sua ragazza. "Non è stata una fuga e non sono corso in ospedale perché ero preoccupato della reazione dei suoi cari".

Colpita alla testa da un proiettile, Mutlu Kaya versa in condizioni critiche nel reparto di terapia intensiva di un ospedale di Diyarbakir, principale città della comunità curda a sud-est della Turchia. La testimonianza resa al magistrato da Veysi Ercan cambia decisamente il quadro della vicenda presentato dai media. Si è detto e scritto di una vendetta del clan del padre della ragazza per il disonore arrecato alla famiglia dalla sua partecipazione allo spettacolo televisivo. Pista su cui, in fondo, era stata la stessa Mutlu a indirizzare gli inquirenti: la 19enne aveva ricevuto minacce attribuite al ramo paterno della parentela e ne aveva parlato alla produzione del talent, dicendosi spaventata. Ma poi aveva deciso di non mollare lo show. Invece, secondo quanto dichiarato da Ercan, citato da Hurriyet, "la famiglia voleva che Mutlu partecipasse alla gara canora, ero io che non volevo. Ed è anche vero che io e Mutlu abbiamo litigato spesso per questo. Ma non sono stato io a spararle".

Ercan ha quindi aggiunto un'ulteriore tessera al suo mosaico difensivo: in precedenza, aveva convinto la ragazza a rinunciare a un altro talent show, O Ses Türkiye, la versione turca di The Voice, ma Mutlu poi si era rifiutata di dire no anche al meno popolare Sesi Çok Güzel, perché incentivata dalla prospettiva di una brillante carriera. Quella che le aveva assicurato la famosa cantante folk Sibel Can, incontrandola il 30 marzo per convincerla a diventare una concorrente del talent e a entrare nel suo team. Quello che Ercan non ha invece detto, ma è stato appurato dalla polizia, è che Kaya quattro mesi fa, quindi ben prima della sua apparizione televisiva, a metà aprile, aveva già sporto denuncia contro il giovane per intimidazioni e minacce.

Quanto al possibile imbarazzo del papà, assente in trasmissione, e all'irritazione del suo clan come possibile movente di un tentato "delitto d'onore", con l'arresto di Veysi Ercan questa ipotesi perde consistenza. Anche per altri elementi. Dopo il grave ferimento di Mutlu, la famiglia ha allontanato da sè con indignazione l'ombra del sospetto, dicendosi "orgogliosa" della ragazza. Poi, il fatto che i familiari sapessero della scelta di Mutlu da tempo. Nella sua azione persuasiva, il 30 marzo Sibel Can aveva voluto incontrato la madre della 19enne: "Sua figlia ora appartiene a me - le avrebbe detto, secondo la ricostruzione di Hurriyet - . Lei ha un grande talento, la prima volta che l'ho sentita cantare mi sono detta: è lei! La proteggerò e le darò tutto il mio sostegno". Implicita conferma a questa sorta di patto tra la celebrità del folk e l'umile famiglia curda, le poche parole pronunciate dal papà di Mutlu dopo il dramma: "Voglio solo che mia figlia stia bene. E mi aspetto un grande aiuto da Sibel Can, che per Mutlu è ormai come una madre".

Cambiano i protagonisti, in negativo, della vicenda, non lo sfondo: il difficile presente delle donne in tutta la Turchia, non solo nella comunità curda più arretrata, dove si assiste alla recrudescenza di atti di violenza e prepotenza contro la figura femminile, soprattutto in reazione al suo desiderio di decidere da sola. Le cifre diffuse dalla piattaforma Stop Women Homicides: 294 donne assassinate nel Paese nel 2014, 91 dall'inizio del 2015. La Turchia del presidente di ispirazione islamista Recep Tayyp Erdogan, convinto assertore che "l'uomo e la donna non sono uguali".

Non solo le squadre di media e alta classifica hanno ricevuto ieri il pass dall'Uefa, ma anche Sassuolo, Udinese, Verona e Atalanta. Anche alla luce della seconda bocciatura europea e dell'infortunio di Borriello (che con Niang e Perotti sarà quindi assente per il rush finale, che pacco il suo ritorno!), vediamo se mister Gasperini saprà ripetere il miracolo di Bergamo. Sotto, ciao Roby, come stai? bene!!! E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 20/05/2015 @ 07:46

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che per protesta non si giocherà la finale di Coppa Italia di calcio femminile tra il Brescia e il Tavagnacco, in programma sabato prossimo. La decisione è stata presa da Aic e Aiac al termine dell’incontro di oggi a Milano fra calciatrici e tecnici, in rappresentanza delle squadre di A e di B, per discutere della situazione in cui versa il calcio femminile, dopo la polemica per le dichiarazioni del presidente della Lega Dilettanti, Belloli. Aic e Aiac sollecitano le dimissioni del presidente Carlo Belloli, finito nella bufera per le dichiarazioni sul movimento femminile (“basta con queste quattro lesbiche” le sue parole), e sottolineano che “è giunto il momento, dopo 30 anni di inefficienza e immobilismo, di dare autonomia al calcio femminile uscendo dalla Lega Nazionale Dilettanti. Ciò permetterebbe di gestire tutto il movimento dal vertice alla base attraverso una filiera unica”. Infine, le componenti tecniche chiedono con forza alla Federcalcio “di essere coinvolte in maniera attiva in questo processo di cambiamento”. "Se vogliono che mi dimetta, io mi dimetto": così avrebbe confidato ad amici Felice Belloli, leader (si fa per dire) della Lega Nazionale Dilettanti e nella bufera da giorni per la frase sulle "quattro lesbiche". Una situazione che imbarazza Carlo Tavecchio, già alle prese col caso Macalli, il n.1 della Lega Pro squalificato per sei mesi. Domani c'è un direttivo della Lega Dilettanti, che è molto spaccata al suo internno: Belloli verrà sfiduciato? Arriverà il commassario? Non è ancora detto: qualche dirigente di viale Flaminio vorrebbe prendere tempo, e aspettare la conclusione dell'inchiesta di Palazzi (speriamo sia rapido). Altri premono per una soluzione rapida. Di sicuro, Belloli ha dei nemici all'interno della sua Lega. Le calciatrici italiane danno "per scontate le dimissioni" del presidente della Lega Nazionale Dilettanti Felice Belloli, chiedono "di avere una lega autonoma" ed invitano i colleghi a "un gesto di solidarietà, anche solo un Tweet, per mostrare che il mondo del calcio é unificato". Lo ha chiarito Patrizia Panico, attaccante del Verona e della Nazionale. "Vogliamo un incontro con Tavecchio, giocheremo la finale di coppa Italia solo se verrà detto pubblicamente che dobbiamo diventare autonome - ha spiegato la giocatrice -. Abbiamo chiesto all'Aic di coinvolgere anche i ragazzi, che esprimessero la loro solidarietà anche con un tweet. L'avevo sollecitato anche settimana scorsa ma chi per un motivo e chi per un altro non l'hanno fatto. A parte Gabbiadini, perché sua sorella é una calciatrice".

Dopo questa chicca sul calcio femminile, ieri è scoppiato lo scandalo delle serie minori, con una cinquantina di arresti e la conferma dell’esistenza di due diverse associazioni criminali in grado di alterare i risultati degli incontri di Lega Pro e di Serie D, ben 28 partite truccate! E poi l'istruttoria Antitrust nei confronti di Sky Italia, Rti-Mediaset, Infront Italy e della Lega di Serie A sull'assegnazione dei diritti tv per il campionato di calcio nel triennio 2015-2018, volta a verificare se siano intervenuti "accordi spartitori" fra Sky e Mediaset" e se ci sia stata un'intesa restrittiva della concorrenza. L'unica cosa che si dovrebbe fare è fermare il calcio italiano per un anno, il tempo per pensare, cancellare, ristrutturare, ripartire, nella speranza di un pallone migliore. Sotto, Oviedo 1991. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 19/05/2015 @ 07:13

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che cure obbligatorie per fermare l'anoressia, una malattia che colpisce sempre più ragazzi e può anche uccidere. L'idea è quella di imporre il nutrimento e le cure psicologiche e psichiatriche necessarie a ragazze e ragazzi che rifiutano il cibo. A chiedere il trattamento sanitario obbligatorio per i casi di gravi disturbi del comportamento alimentare è la deputata del Pd Sara Moretto (voto 9,3 alla proposta), con una proposta di legge che sarà presentata domani alla Camera dei deputati, alle 14,30. Un provvedimento che ha l'obbiettivo di salvare tante vite: le persone con questa patologia hanno una mortalità tra le 5 e le 10 volte maggiore dei loro coetanei. Spesso il problema viene individuato troppo tardi, visto che nella maggior parte dei casi i medici di famiglia non riescono a individuare precocemente le persone con disordini alimentari. I pazienti 'nascondono' a lungo i loro problemi e si interviene quando la malattia si è cronicizzata.

Se la vita è a rischio. "Il trattamento sanitario obbligatorio per i pazienti affetti da disturbi alimentari e in pericolo di vita è un tema delicato e indispensabile da affrontare - spiega Moretto - . Il Tso si applica ai problemi psichiatrici. La bulimia e l'anoressia nervosa sono disturbi psichiatrici, ma non c'è una norma che obbliga i pazienti maggiorenni ad accettare la nutrizione obbligatoria, se la rifiutano. C'è un buco normativo. A volte i medici intervengono in autonomia, ma altre volte molte ragazze non accettano le cure e si lasciano morire lentamente. In altri casi decidono di suicidarsi".

Il rifiuto delle cure. La difficoltà di accettare la cura è uno dei più importanti fattori di cronicizzazione dei disturbi del comportamento alimentare. Secondo la letteratura scientifica il 6-10% delle persone affette da anoressia muore e almeno la metà di queste morti è conseguenza della malnutrizione e delle sue complicanze organiche, mentre il restante 50% si toglie la vita. "La proposta - spiega Moretto - nasce dalla constatazione che molte persone affette da disturbi del comportamento alimentare rifiutano, stabilmente o periodicamente, i trattamenti sanitari. In modo particolare c'è spesso un rifiuto dei trattamenti nutrizionali anche quando hanno caratteristiche di cure salva vita o, comunque, in condizioni di grave malnutrizione. Abbiamo preso come spunto l'esperienza dell'ULSS 10 Veneto Orientale, dove è attivo un Centro che ha raggiunto risultati riconosciuti in tutto il territorio nazionale".

Sostegno alle famiglie. In Italia sono circa 3 milioni le persone colpite da disturbi alimentari, 2,3 milioni sono adolescenti. A volte ci si ammala anche a 10 o 12 anni. Nella maggior parte dei casi il problema riguarda una donna, ma sono in crescita anche i pazienti uomini. "E' urgente fornire alle famiglie delle persone affette da disturbi del comportamento alimentare uno strumento per evitare di dover assistere alla morte dei loro cari. Credo inoltre che il trattamento sanitario obbligatorio per la nutrizione debba essere fornito dal Servizio Sanitario Nazionale, nelle strutture pubbliche di tutta Italia, e debba essere gestito da una équipe multi professionale includente psichiatri, esperti in nutrizione clinica e pediatri. Chiediamo alle Regioni di individuare le strutture pubbliche dove fare questi trattamenti, fra i posti letto già esistenti. E' indispensabile e urgente dare alle famiglie delle persone affette da anoressia e bulimia uno strumento efficace per combattere queste gravi patologie che possono portare alla morte".

Meno quattro giorni a Genoa-Inter, è partita la prevendita (prezzi normali, tranne in Sud: 5 euro donne e Under 16, 10 euro invece gli uomini) e forse si potrebbe sfondare la ormai rarissima quota dei 25.000 paganti (che in epoca moderna solo il derby sembra poter infrangere). Vedremo intanto come andrà il secondo grado per la licenza Uefa, se non sbaglio la sentenza dovrebbe arrivare domani. Sarà importante anche leggere bene le motivazioni, se davvero è solo una questione formale. I rumors parlano di diverse istanze di pagamento della Fifa sparse per il mondo, sempre ignorate... da giocatori meteore come il carneade Jean Pierre Zaine, che ora gioca nell’Aversa Normanna (Lega Pro), ma nel 2012 era da noi, a Palacio col Boca Juniors e Fetfatzidis con l'Olympiakos, infine Zè Eduardo che lamenta un sacco di soldi non pagati, e poi chissà cosa... insomma, non ci resta che attendere e poi decidere cosa pensare in base alla sentenza. Sotto, Modena 1988. E forza Genoa!

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I 7 giochi del calcio di strada che hanno segnato la nostra infanzia - da Un Cuore Grande Così il 18/05/2015 @ 15:18

Noi che siamo cresciuti in strada, con un pallone tra i piedi, ne abbiamo viste tante e poi tante. Ogni pomeriggio era un sogno, una magia che si ripeteva in continuazione. E non c’era mai niente di banale, perchè la nostra fantasia ogni giorno ci permetteva di dare vita a qualcosa di nuovo. Partitelle a tutto campo, oppure più tranquille varianti del giuoco del calcio, ma tutte con due caratteristiche imprescindibili: il divertimento interminabile e la sicurezza che, in ogni caso, prima o poi sarebbe finita a ceffoni. (da: deliquentidelpallone.it)
Andiamo a ripercorrere, con le lacrime che ci rigano il volto per la fortissima botta di nostalgia, i 7 giochi del calcio di infanzia che hanno segnato la nostra infanzia.
La tedesca (da noi il 15? ndr)
Soltanto il campionato argentino ha regole più complicate di quelle della tedesca, regole che potevano variare di quartiere in quartiere. Bastava infatti spostarsi di pochi metri e un colpo che a casa nostra valeva 3 punti, qualche altro lo faceva valere 5. Il che, ovviamente, dava adito a polemiche e litigate infinite, spesso risolte a cinghiate. Le regole di base, quelle che non cambiavano mai, erano che un fesso andava in porta, e gli altri cercavano di fargli passare un brutto quarto d’ora tentando di segnargli gol che valevano la sottrazione di punti, ma solo se segnati al volo. E poi c’era quel meraviglioso strumento chiamato “colpo di culo”. Ogni traversa colpita era un bonus per non andare in porta.E, quando ci si faceva bloccare il pallone, toccava smadonnare e andare in porta. Per non parlare delle innumerevoli amicizie morte per colpa della “bastarda”.
L’americana
Uno in porta, due a scannarsi tra di loro per cercare di fare gol al portiere. Questo svago, solitamente finiva nel sangue, dal momento che i due contendenti decidevano di risolvere la tenzone a colpi di calcioni, in virtù del fatto che saltare l’uomo in spazi spesso ridotti non è poi così facile. Qualche volta poteva capitare che, per precedenti vicissitudini o per episodi di corruzione sorti sul momento, il portiere potesse essere in combutta con uno dei due giocatori, lasciando passare, in maniera del tutto insospettabile oppure (se proprio voleva far innervosire l’altro) in maniera palese tutti i tiri del suo favorito. Per non parlare di quante volte l’uomo in porta, se si trattava di un torneo con classifica, avesse interessi a far vincere uno piuttosto che un altro. Insomma, l’americana è stata la prima esperienza per molti di noi con la magica parolina “combine”.
Il tutti contro tutti
Le guerre di secessione e quelle civili hanno lasciato molto meno sangue per terra rispetto a quanto ne abbia sparso il tutti contro tutti. Non era quasi mai organizzato intenzionalmente, ma erano spesso le circostanze a mettere in piedi una partita di tutti contro tutti. Quando il gruppo di ragazzini è lì da più di un’ora, e non si riesce nè ad arrivare ad un numero pari per la partitella, o a trovare un accordo sulle squadre, allora il fenomeno di turno proponeva, urlando: “Dai, facciamo il tutti contro tutti”. In genere il più pacato di tutti se ne andava in porta, gli altri davano vita a una tonnara indescrivibile, tra calcioni, pugni, schiaffi e sputi in faccia. Alla fine del tutti contro tutti in genere si contavano i morti, e per i 3 giorni successivi nessuno dei partecipanti riusciva a prendere parte a nessun tipo di attività che prevedesse la deambulazione.

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Il battimuro/Muretto
Se buona parte dei ragazzi cresciuti in strada è diventata scema, è colpa del battimuro. Un flipper di rimpalli, in cui più di qualcuno ci ha rimesso qualche arto, o il naso, più spesso. A seconda che si giocasse con un pallone di cuoio (fortunelli) o con un Super Tele, ci si poteva distruggere i piedi a furia di prendere addosso palloni che prendevano velocità e forza ogni volta che incocciavano sul muro oppure sfasciarsi menisco, legamenti, rotula e quant’altro lisciando una sfera che prendeva direzioni diverse e imprevedibili a ogni tocco. In genere il battimuro finiva con la gente che si tirava reciprocamente addosso il pallone urlandosi frasi irripetibili. Le regole potevano variare da regione a regione, ma in fondo, forse, nessuno le ha mai capite a pieno. E nemmeno importava così tanto.
Il porta a porta
No, non è Bruno Vespa, non ci sono plastici e discussioni da bar sulla manovra finanziaria o sul delitto di Cogne. Porta a porta, per noi, vuol dire solo una cosa. Noi da una parte, il nostro avversario dall’altra, a tentare di fare gol da una parte all’altra del campo. In base alle regole di ingaggio si potevano usare le mani oppure no. Se non si potevano usare le mani, di solito ci si faceva malissimo tentando di parare il pallone con le parti del corpo meno prevedibili. In genere, naso, muso e denti erano le parti preferite. Quando invece si potevano usare le mani, in genere si usavano per provare a fare gol simulando il rinvio del portiere. E si perdeva il conto dei palloni andati persi per le terre agricole circostanti.
La partitella
L’apice dei nostri pomeriggi estivi di gioventù, il momento più atteso. Radunati dai 10 ai 14 disperati per strada, e fatte, dopo accesissime discussioni, ovviamente, le squadre, si poteva giocare in un modo che poteva ardimentosamente definirsi organizzato. C’erano i fenomeni che non la passavano a nessuno, quelli che legnavano chiunque, quelli che attaccavano briga per qualsiasi cosa. L’assenza di un arbitro (a meno che qualcuno che solitamente aveva il gesso, che da piccoli era abbastanza frequente, non volesse sentirsi parte del gioco) rendeva il tutto più cruento e sanguinolento. La durata della partita era ovviamente indefinita, e il fischio finale avveniva per circostanze ogni volta diverse: la mamma che chiamava tutti a raccolta, il pallone disperso, e, ultimo ma più frequente, la litigata furibonda tra uno o più giocatori.
La pallina in casa
Non è strada, ma è una parte ineludibile della nostra infanzia. Quando calava l’inverno, e fuori non si poteva più andare, ecco che le nostre eroiche gesta si trasferivano in casa, per la gioia delle nostre mamme che dovevano raccogliere suppellettili distrutte e fare la conta delle impronte lasciate sui muri. I più fortunati avevano uno o più fratelli con cui dare vita in casa a vere e proprie faide. Nulla insegna il controllo di palla e il saper giocare negli spazi stretti quanto aver giocato per anni in casa con una pallina (di gomma, o, in assenza d’altro, di Gazzette dello Sport arrotolate) con qualche disperato che tenta di azzannarti le caviglie tra un soprmmobile e un tavolo. I lividi lasciati dagli spigoli e dalle pantofole della mamma duravano a lungo.

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 18/05/2015 @ 07:09

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che Gasperini ha fatto il miracolo ed è andato a stravincere 1-4 a Bergamo con un squadra priva di Perotti, Borriello, Niang, De Maio, Costa, con un Lestienne brutto e un Roncaglia con limiti dichiarati ... in pratica, c'era l'impressione che poteva giocare chiunque ma il risultato sarebbe stato sempre quello: 2 fisso! stato di forma fisica clamoroso, yes, gruppo di ragazzi seri, yes, gioco di squadra imparato a memoria, yes, crescita impressionante di alcuni singoli come Bertolacci e Iago Falque, yes, ma pare esserci anche dell'altro, qualcosa che sa molto di patto tra mister e giocatori, insomma cose loro, ma iniziare a vincere con questa costanza smanettando 4-5 goals a partita non è normale... ora aspettiamo gli inevitabili segnali dalla dirigenza, vediamo un pò se, almeno per questa settimana, riescono a non parlare di mercato, ingaggi, procuratori... arriva l'Inter e l'ultima in casa sembra poter essere un partita piena di significati: la situazione è in parte surreale, c'è chi confida nel ricorso, c'è chi non ci crede per nulla, c'è chi mette in risalto la supremazia cittadina, c'è chi dice che non serve a nulla se poi facciamo andare loro in Europa... insomma, un bel finale da Genoa, con una certezza: la componente sportiva del Genoa CFC 1893 sta dando il bianco, erano anni che non si vedeva uno spettacolo del genere, complimenti a tutti, in testa mister Gasperini. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 17/05/2015 @ 07:49

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che dopo le due sconfitte di Inter e Doria il discorso europeo fa ancora più rabbia. Ma lasciamo perdere questa tristissima pagina, e manteniamoci alla supremazia cittadina: oggi abbiamo la possibilità del sorpasso! Riuscirà Gasperini a compiere il miracolo? a motivare i giocatori nonostante l'atteggiamento "contro" da parte della Società? riuscirà a mantenere i suoi giocatori concentrati anche se la Società ha già "smobilitato" da questo campionato, con Capozucca e Preziosi già scatenati? senza Perotti Niang e Borriello, che Genoa potrà scendere in campo? També, Izzo, Roncaglia, Lestienne, Bergdich, Pavoletti, Laxalt... cioè, è davvero possibile vincere una partita con questo livello di rosa odierna? e poi, vincere oggi non rappresenterebbe una mossa che in un certo senso potrebbe mettere in ulteriore difficoltà la Società? e se pareggiassimo? con un punto raggiungiamo la Doria, ma negli scontri diretti siamo dietro, quindi bisognerebbe rosicchiarne ancora uno nelle prossime due partite, faccenda molto difficile perchè loro giocheranno con Empoli e Parma, anche se andare a Empoli non vuol dire vincere matematicamente... però tu devi vincere con l'Inter e a Sassuolo, improbabile. Mah, vedremo, io so solo che oggi a livello psicologico Gasperini deve fare un miracolo, magari aiutato dai 1.500 tifosi rossoblù che stanno partendo da Genova. E forza Genoa!

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Emerge che... - da Un Cuore Grande Così il 16/05/2015 @ 07:29

Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che nessuno risponde. Il campanello non smette di suonare, ma nessuno risponde. Nando Sepe, professione manager, tiene il dito incollato sul citofono, ma nulla. Eppure la Citroën verde di Mimì è parcheggiata lì fuori, all'esterno di quella palazzina di due piani in via Liguria 2, a Cardano del Campo, Varese. E in quella mattina del 14 maggio di venti anni fa, Sepe chiama la padrona di casa, si fa dare le chiavi di riserva. Ma la porta è chiusa dall'interno. Quando poche ore dopo i pompieri la sfondano, Mia Martini è stesa sul letto, le cuffie del walkman sulle orecchie. "L'espressione serena", diranno. È morta da quarantotto ore. La notizia sbriciola i palinsesti televisivi. Renato Zero chiama Loredana Berté, la sorella di Mimì: "Spegni tutto, sto arrivando". I cronisti appostati sotto casa della Bertè ricordano ancora le urla. E, di ricordo in ricordo, dopo vent'anni nessuno ha dimenticato quella voce magnetica, dolce, scura, emozionante e quelle melodie che Mia Martini ha regalato alla musica italiana.

"Ci sarebbero pure 'sti due amici". Funzionava così: era la frase classica che completava una strategia infallibile. Roma, 1968, Loredana Berté in minigonna a chiedere l'autostop. E poi Mimì, con l'immancabile bombetta, quasi uscita da un film di Fellini, che con Renato sbucava sulla strada per prendere al volo il passaggio conquistato. Inseparabili, i tre. Cercavano di mettere su un gruppo musicale. Per la Martini, ventunenne, era già la fase due della carriera: aveva iniziato nei primi anni Sessanta. Un viaggio in treno da Ancona verso Milano, Etta James nel cuore, Carlo Alberto Rossi che le fa incidere i primi singoli. Poi i concerti sulla riviera romagnola, qualcuno con Pupi Avati alla batteria. Qualche piccolo successo, ma la carriera da ragazza ye-ye non decolla. Mimì sta per lasciare, inizia a lavorare al sindacato dei musicisti, ma la passione per la musica è troppo forte. Quella Roma le restituirà la voglia di continuare. Diventa amica di Gabriella Ferri. Sperimenta con piccoli gruppi jazz. Sta per farcela. Poi in Sardegna, nel 1969, l'arresto per possesso di hashish e la condanna a quattro mesi di carcere. Le cambieranno la vita.

Una dinamica maledetta di ombre e di luce, di pace e di dannazione, di sorrisi e di lacrime. La vita e la carriera di Mia Martini si sono sempre mosse tra gli estremi, saltando le vie di mezzo, i compromessi, la sciatteria, la mediocrità. Dopo l'arresto Mimì torna a Roma, sbarca a Civitavecchia in una giornata di pioggia. Entra in un bar, prende un cappuccino e inizia a berlo sotto il diluvio. E sorridendo decide di non rinunciare al suo sogno. Sceglie il jazz. Ritorna a essere "Domenica" (il suo nome completo è Domenica Rita Adriana Berté) e con il trio di Totò Torquati conquista il pubblico del Titan di via della Meloria, del Piper di via Tagliamento. L'occasione della vita le capita nel febbraio del 1971. Deve correre al Piper di Viareggio, c'è da improvvisare una serata. Il pubblico resta a ballare fino alle quattro di mattina. Alberigo Crocetta, proprietario del Piper e mentore di Patty Pravo, si offre di produrla. Mimì rifiuta una prima volta. Poi cede. "Dobbiamo cambiare nome però. Ci vuole un nome italiano riconoscibile nel mondo. Ho pensato a Martini", dice Crocetta. "Va bene: però mi chiamerò Mia, come Mia Farrow". La storia ha inizio.

Gli anni Settanta saranno i suoi anni. Inizia a collaborare in modo stabile con Baldan Bembo, Bruno Lauzi, Claudio Baglioni. Con Franco Califano scatta l'alchimia musicale. C'è questa canzone, Minuetto, ma nessuno riesce a scrivere le parole giuste per Mia. Lei e Califano escono una sera a cena. Parlano tanto. E "il Califfo" ritorna il giorno dopo con un testo che sembra un pezzo pregiato di sartoria artigianale: perfetto per la Martini. "E vieni a casa mia, quando vuoi, nelle notti più che mai / dormi qui, te ne vai, sono sempre fatti tuoi". Nell'Italia dove maistream fa rima con piccolo-borghese le parole, il volto, l'immagine della Martini sono come un metallo pregiato, come un diamante: l'autenticità professata come valore assoluto. La sensibilità come guida. Talmente forte che le piccole, idiote e meschine armi che lo show business inventa per fermare la Martini diventano tanti colpi. Le dicerie sul suo "portar jella" iniziano allora. Non si fermeranno mai. Mimì prima ci sorride. Poi ci sta male. Crisi cicliche. Sempre più pesanti.

Fino alla decisione di ritirarsi dalle scene, nei primi anni Ottanta. Non bastano la stima, l'affetto, l'amore che le manifestano Charles Aznavour, Ivano Fossati, Pino Daniele, Paolo Conte, Fabrizio De Andrè. Non basta il Premio della Critica istituito apposta per lei al Festival di Sanremo nel 1982, quando ipnotizza tutti con E non finisce mica il cielo. Non basta la sfrontatezza di Loredana con cui collabora per Non sono una signora. Non basta neanche la venerazione che tanti giovani talenti, da Ramazzotti in giù - per il cantautore romano inciderà i cori del ritornello di Terra promessa - le manifestano. Mia decide di darci un taglio. Si rifugia da Leda, la sorella più grande. Cerca una vita ordinaria. È il 1985. Sparisce per quattro anni, si trasferisce a Calvi, in Umbria, solo piccoli concerti di provincia, pochissimi. Poi una sera del dicembre del 1988 un incidente. La sua macchina scivola su una lastra di ghiaccio e la Martini ne esce miracolosamente illesa. Tornata a casa, prima il panico, le lacrime. Poi una risata liberatoria. Decide di ritornare. Di riprendersi il suo mondo.

1989, 21 febbraio, Sanremo. Per capire è necessario il contesto. È necessario inscrivere quel piccolo miracolo in un prima e in un dopo. Il prima è rappresentato dai "figli di papà": Rosita Celentano, Paola Dominguin, Danny Quinn e Gianmarco Tognazzi, che presentano il festival in puro stile anni Ottanta. Dinoccolati e cotonati. Dopo c'è Jovanotti, cappello da cowboy, aria casinista e "No Vasco, no Vasco, io non ci casco". In mezzo, un angelo. Mia Martini entra sul palco sorridendo, attacca Almeno tu nell'universo. Al ritornello alza i pugni al cielo, accompagna presenti e telespettatori su una melodia magnifica, su parole struggenti. Ed è una bomba, pelle d'oca collettiva. Rivince il premio della critica. Ritorna dal suo pubblico. Ricomincia a vivere e respirare. Verranno La nevicata del '56, Gli uomini non cambiano. Verrà il successo, di nuovo.

"Piccere', canta". Roberto Murolo le sorride nella sua casa napoletana. I due, è il 1992, stanno provando una canzone di Enzo Gragnaniello, Cu 'mme. Quattro minuti e mezzo di magia, uno spazio in cui si dispongono tradizione, rabbia, commozione, rimpianto, voglia di vivere, paure e desideri. A quarantacinque anni Mia Martini è ormai patrimonio indiscusso della canzone italiana. Nel 1993, dopo un decennio di reciproci silenzi, corre da Loredana ricoverata in ospedale. Baci e carezze e un progetto: ritornare insieme a Sanremo. Lo faranno l'anno successivo. Poi quello che sarà il suo testamento. Un disco di cover registrato dal vivo - prodotto dal suo amico Shel Shapiro - dei "suoi" cantautori: La musica che mi gira intorno. Ancora Fossati, Mimì sarà di De Gregori, Fiume di Sand Creek di De Andrè. In Dillo alla luna di Vasco Rossi l'interpretazione più intensa. Tutto sembra andare. Tutto s'interromperà il 12 maggio. Poi i funerali, vagonate di parole. Le polemiche postume. Il ruolo del padre nella sua vita e nella sua morte. Le indagini, l'autopsia, i medici che mettono nero su bianco le cause del decesso: overdose di cocaina. Patina. Che nulla toglie alla voce di Mimì. "Una monomaniaca della musica", secondo Ivano Fossati che con lei ha condiviso una pezzo importante di vita. Mina: "Per fortuna il suo talento dolente e intenso è rimasto qui, nei suoi dischi. Io ho anche fatto un suo pezzo, Almeno tu nell'universo, ma meglio la sua versione". E un giorno Fabrizio De André, forse, ha sintetizzato il sentire comune, definendosi "innamorato totale della sua arte e della sua umanità". Lo siamo ancora, vent'anni dopo: totalmente innamorati di Mimì.

Ahahah! in piena corsa europea, con la concreta possibilità di poter passare la Doria già domenica, e concludere quindi un campionato in modo clamoroso... ecco che nel giro di 48 ore sentiamo: Preziosi che dice "Non verrà accolto il ricorso", Preziosi che dice addio a Perotti (infortunato, non lo rivedremo più), Preziosi che polemizza male con Perin e il suo procuratore, addirittura Niang che il giorno dopo il suo infortunio scrive già l'addio "Grazie a tutti per aver creduto in me"... ahahah! infine, c'è Marmorato che nella sua rubrica ieri ha scritto "Per quanto riguarda l’Europa League oltre il dispiacere di non parteciparvi a caldo, a freddo dopo le parole del Joker potrebbe anche essere un beneficio per la prossima stagione: viaggiare in Europa con le ruote gonfiate non al meglio non si farebbe molta strada", e, come se prima l'Uefa e poi Preziosi non avessero detto nulla, aggiunge "Dispiace che Mister simpatia Della Valle, ieri sera alla sconfitta della Fiorentina contro il Siviglia abbia detto: abbiamo l’Inter e la Sampdoria a pochi punti e non è questo il momento di mollare. C’è da fare 9 nove punti e mantenere il quinto posto in classifica. Mister Tod’s: complimenti, ti sei dimenticato del Genoa per un lapsus o leggi nella sfera della FIGC sul ricorso dei rossoblu?"... buongiorno, notte.

Sotto, Ramon Turone saluta la Nord (1972). E forza Genoa!

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