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      Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che melodie classiche italiane ma anche un elettropop (o Elettrochoc?) alla Kraftwerk, testi surreali alla Panella (prima di Panella) ma anche accostamenti impressionisti di immagini sottolineati dal rock prog. Da quarant'anni i Matia Bazar sono tutto questo, in un continuo accavallamento di stili di parole e musica, di discese ardite e risalite che ne hanno fatto una delle band italiane più note, non solo in Italia ma anche nel mondo. Basta vedere l'ultimo prodotto che il quartetto genovese ha appena pubblicato proprio per la ricorrenza (che parte del primo singolo, Stasera... che sera): Matia Bazar dvd live  -  40th anniversary celebration oltre che una raccolta live di successi come Per un'ora d'amore, C'è tutto un mondo intorno,  Solo tu, è un diario-racconto proprio del loro successo internazionale, tra Sudamerica ("dove in hit parade eravamo davanti a Donna Summer negli anni d'oro della dance", dice il tastierista Piero Cassano) e Urss, quando esisteva. Un successo che coinvolse anche Vladimir Putin. Esattamente quello lì. La storia la racconta Giancarlo Golzi, il batterista, l'unico presente nella band fin dalla fondazione: "Nel 1983 Sanremo fu trasmesso in Unione Sovietica e con Vacanze romane diventammo popolarissimi. Così l'anno dopo riuscimmo ad andarci in tour. E come in ogni Paese della Cortina di ferro ci veniva assegnato un accompagnatore, ufficialmente funzionario dell'Ente turismo e cultura, che ci aiutasse in eventuali difficoltà. In realtà si capiva benissimo che era un agente segreto che doveva controllare che non parlassimo con dissidenti politici o facessimo propaganda. Il nostro era un biondino smorto, taciturno e piccoletto, si chiamava Vladimir e in ogni spostamento si metteva in fondo al pullman, osservando tutti e tutto. Era gentile, anche se non sorrideva mai. E ci risolveva ogni problema. Qualche anno dopo il Tg dava la notizia dell'elezione del nuovo presidente russo. Quando abbiamo visto questo Putin in faccia ci è venuto un colpo. Ci piacerebbe reincontrarlo solo per sapere se si ricorda ancora di noi". Di certo in tanti ricordano i Matia Bazar fin dagli esordi, quando in formazione c'erano anche Cassano (tornato nel gruppo nel 1999 dopo vent'anni in cui si è dedicato a produrre, tra gli altri, Eros Ramazzotti), il bassista Aldo Stellita (morto nel 1998), il chitarrista Carlo Marrale e soprattutto Antonella Ruggiero, cantante che con le sue oltre quattro ottave di estensione sapeva toccare vette inarrivabili. "A parte il talento e la personalità di Antonella - prosegue Golzi - la novità fu proprio la presenza di una voce femminile. Nel 1975 era una novità una donna in un gruppo tutto di maschi. Nel mondo esistevano solo i Fleetwood Mac. Anche grazie a questo ottenemmo subito una grande attenzione". E pur con alti e bassi nella qualità della produzione e nell'interesse del pubblico, la band - che dopo vari cambi di formazione è composta adesso oltre che da Cassano e Golzi anche dal tastierista Fabio Perversi e dalla cantante Silvia Mezzanotte  -  mantiene ancora una buona popolarità. Tanto da intraprendere a breve per l'Italia un lungo tour (le date sono ancora da annunciare) di lunghi concerti, "perché col nostro repertorio tiriamo sempre ben oltre le due ore", scherza ma non troppo Cassano. Il periodo d'oro, e quello più presente nelle scalette dal vivo, è quello dei primi dieci anni circa, fino a un album come Tango, che oltre a Vacanze romane conteneva gemme come Elettrochoc e Il video sono io, tra il new romantic e la new wave alla Ultravox. E - per tornare al concetto iniziale - se si ascoltano canzoni così accostandole, per stare alla ultima produzione, a Messaggio d'amore e Brivido caldo, più piattamente pop e melodiche, viene da domandarsi cosa le unisca, se ci sia un fil rouge. "La risposta è: l'eleganza - dice Golzi - non siamo mai stati banali né ineleganti. È come se per poter essere un Matia Bazar esistesse un vademecum artistico e comportamentale, uno stile che non è solo vestire Valentino, ma è anche il basso profilo. Siamo liguri, dopo tutto. Anche per questo siamo stati capaci di superare pure il trauma della morte di Aldo, un fratello se non di più, e i tanti cambi di formazione. Perché noi resistiamo anche alle bombe". E non è troppo una metafora. Anno 1983, subito prima di Putin. La band sta facendo un tour in Medio Oriente, tra Giordania, Siria, Israele e Libano. "Eravamo proprio a Beirut, in spiaggia a prendere il sole. D'improvviso un frastuono infernale: le sirene dell'allarme antiaereo. Ci fu un fuggi fuggi, scappammo tutti seminudi, rifugiandoci dove potevamo. E da lì assistemmo all'arrivo di una flotta di caccia israeliani che bombardò una zona appena lì accanto, dove pensavano si trovassero dei terroristi". E se si scampa a questo, che problema può essere qualche calo di popolarità? E forza Genoa!              
      Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che "Siamo felici e orgogliosi di rappresentare l'Italia in concorso al prossimo Festival di Cannes. Siamo consapevoli che è una grande occasione per noi e per tutto il cinema italiano. I nostri film, ognuno a suo modo, cercano di avere uno sguardo personale sulla realtà e sul cinema; ci auguriamo che la nostra presenza a Cannes possa essere uno stimolo per tanti altri registi italiani che cercano strade meno ovvie e convenzionali", lo dicono insieme Garrone, Moretti e Sorrentino in corsa a Cannes dal 13 al 24 maggio: Mia madre di Nanni Moretti, Youth - La giovinezza di Paolo Sorrentino, Il racconto dei racconti di Matteo Garrone. «Questa mattina Tortosa verrà sospeso dal servizio», così il capo della Polizia Alessandro Pansa ha risposto in merito alle frasi scritte su Facebook dal poliziotto a proposito dei fatti della Diaz... Pansa firmerà questa mattina anche il provvedimento per sollevare dall’incarico il dirigente del Reparto Mobile di Cagliari Antonio Adornato che aveva messo un “like” al post sul massacro della Diaz: «Errori e inadeguatezze dei singoli sono purtroppo sempre possibili perché gli uomini sono fallibili e perché si opera in condizioni difficili a volte eccezionali. È nostro compito evitarli e reprimerli con immediatezza. Stiano pertanto certi tutti gli italiani che non ci sarà mai più un’altra Diaz. Non potrà più esserci. Io me ne faccio garante». Ora non è che per due vittorie casalinghe contro squadre non proprio di prima fascia dobbiamo dirci quanto siamo belli per troppo tempo, no? il campionato giocato finora è abbastanza positivo, ma mancano ancora 8 partite alla fine e saranno queste a decretare il giudizio finale, cioè parliamo di ben 24 punti ancora sul piatto... metto le mani avanti perchè si sentono e leggono discorsi del tipo va bene così abbiamo già gli stessi punti dello scorso anno alla fine, o i giocatori hanno fatto bene come il tecnico: bravi tutti! insomma, rimandiamo queste cose a fine campionato?! non vorrei che scattasse un appagamento tipicamente nostrano che ci porta ora a galleggiare nella mediocrità: proviamo a vincere ogni partita che rimane, poi se la perdi ma te la giochi: applausi lo stesso.  Sotto, Lecce-Genoa 2-1 del 1989-90, Collofit  e un ottantenne Terraneo con le facce sofferenti. E forza Genoa!            
      Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che ho scoperto che Fabio Tortosa è addirittura Segretario regionale Consap (Confederazione Sindacale Autonoma di Polizia), ieri ha chiesto delle confuse scuse ma naturalmente in questi casi contano zero virgola zero, perchè su questo luminare nelle ultime 24 ore devono essere arrivate telefonate, mail, lettere, richiami, convocazioni, allarmi, scenate, rimproveri che solo la metà basterebbero per cacarsi addosso e morire di dissenteria. Che Pier Luigi Buffon, dopo la fine della partita tra Juventus e Monaco, ha fatto questa dedica: «Se mi permettete, vorrei dedicare questa vittoria a due persone che mi hanno reso orgoglioso di essere un calciatore e un italiano: Piermario Morosini e Fabrizio Quattrocchi. Sono sempre nel mio cuore»... orgoglioso di essere italiano? Michelangelo, Leonardo da Vinci, Piero della Francesca? naaa... Fellini, Antonioni, Benigni? naaa... Totò, Sordi, Mastroianni? naaa... Pasolini, Ungaretti, Calvino? naaa... Verga, Pavese, Montale? naaa... De Andrè, Battisti, Mina, Tenco? naaa... Biagi, Montanelli, Bocca? naaa... Mennea, Tomba, Zoff? naaa... Berlinguer, Pertini, De Gasperi? naaa! Che Gritti, vice del Gasperini, ieri nel post partita avrebbe detto di Perotti: «È pronto per una grande squadra, anzi, lo era già prima ma ha avuto problemi fisici superati anche grazie ai nostri preparatori».  Che, sempre nel post partita, Ivano Mucchi avrebbe scritto: "Abbiamo finito tutte le sciarpe e gli adesivi!!! Sono bastati un paio di post per muovere 100 Genoani... una sensibilita' verso le grandi cose... una forza, la volonta' di fare del bene, perche' il bene nn e' nella grandezza, ma la Grandezza nel bene... un gesto di solidarieta' tra tifosi! Martedi scenderemo a Cosenza e porteremo 750 euro a Sergio Crocco Terra di Piero e la domenica successiva in casa con il Cesena daremo a UCGC 790 Euro! questo per chiarezza e trasparenza per tutti quelli che hanno partecipato!!! Up The Scarves". Sotto, Ferroni e Caricola che impostano una gare di scoregge mentre il laziale conclude a rete in Lazio-Genoa 0-0 del 1989-90. E forza Genoa!    
         
      Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che "Io sono uno degli 80 del VII NUCLEO. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte. Quello che volevamo era contrapporci con forza, con giovane vigoria, con entusiasmo cameratesco a chi aveva, impunemente, dichiarato guerra all’Italia, il mio paese, un paese che mi ha tradito ma che non tradirò. Per quanto riguarda tutti voi; tranquilli, non vogliamo la pietas di nessuno. Sappiamo che siamo quelli ignoranti, scampati alla disoccupazione, lontani dai vostri salotti radical chic, dal vostro perbenismo becero, dal vostro politically correct. Siamo quelli che dopo un servizio di 10 ore dove abbiamo respirato odio, siamo pronti a rientrare nelle nostre case a dare amore ai nostri figli e alle nostre mogli. Ci troverai con una Ceres in mano, ti odieremo perchè non hai la nostra tuta da OP, ma non te lo faremo sapere. Saremo sempre al tuo servizio, anche se quando ti rubano in casa, meriteresti, e sarebbe più coerente, che chiamassi Batman. Mi auguro che faccia schifo anche ai vermi", parole e musica di Fabio Tortosa, ieri su facebook, uno degli 80 agenti e funzionari della Polizia di Stato che il 22 luglio 2001 hanno massacrato i membri del Social forum accampati nella scuola di Genova Albaro. Sotto, mucchione paura in Ascoli-Genoa 0-0 del 1989-90. E forza Genoa!              
      Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che chiamatelo mc (il "maestro di cerimonie" dell'hip hop), chiamatelo agitatore di coscienze, magari chiamatelo cantastorie, se amate l'idioma della vecchia scuola. Chiamatelo come volete, tanto Tommaso Zanello, in arte Piotta, era e resta fondamentalmente un cane sciolto dell'universo rap, uno di quei musicisti irrequieti che non si accontentano delle posizioni acquisite e ad ogni album, o iniziativa che sia, sanno inventarsi qualche colpo di teatro per riaffacciarsi disinvolti nell'immaginario collettivo. Nemici, l'ottavo album in carriera dell'ex (molto ex) Supercafone, è un divertito crossover di suoni tra rock, rap, reggae, funk, raggamuffin e altro, un'altalena sospesa fra elettronica e chitarre sferraglianti, sempre e comunque impiantata su una solida sezione ritmica. Il terreno di coltura ideale, insomma, per le rime del vulcanico, esuberante, inarrestabile Piotta. Che non spreca parole al vento nelle canzoni e nemmeno nelle interviste. Titolo e logo del disco giocano alla parodia del talent di Maria De Filippi. Vuol dire, caro Piotta, che ti iscrivi di slancio al club dei “nemici della De Filippi”? "Se per parodia intendiamo una poesia mordace, una sarcastica sferzata o per dirla alla romana una pasquinata, allora siamo d'accordo. Potrei rispondere con una boutade, dicendo che in realtà mi presentai come ballerino classico anni fa quando ero ancora sovrappeso e per questo venni scartato. Da allora nutro questo fastidio. In realtà, battute a parte, io spero che il programma duri ancora a lungo perché nel definire musicalmente chi sono gli Amici permette anche di disegnare l'identikit di coloro che non lo sono. Quelli che come me hanno un percorso lontano anni luce da quello di un talent o reality. Chiamateli come volete tanto per me c'è la stessa differenza che passa tra Sprite e la Seven Up!". Ci auguriamo che la Doria abbia un tracollo improvviso, magari anche provocato dai rumors che vogliono il loro tecnico già su una panchina a Roma o Milano, ma sinceramente quest'ipotesi non è facile che si realizzi proprio per le caratteristiche di Siniša Mihajlović, che si è dimostrato finora un ottimo tecnico, vincente nei derby e sempre sul pezzo. Si può dire che finora la principale differenza tra noi e loro sia stata la solidità di squadra e la cazzimma che Mihajlović ha sempre espanso nei suoi giocatori. Ci auguriamo che nelle prossime 8 partite succeda qualcosa che vada in direzione contraria a quanto avvenuto finora. Sotto, 1989-90, Inter-Genoa 1-0, Andreas Brehme sbaglia il rigore stampando sul palo, in porta un vetisettenne Simone Braglia. E forza Genoa!            
      Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che non è il 1992 raccontato su Sky dall'acclamata serie con Stefano Accorsi, Miriam Leone, Guido Caprino e Antonio Gerardi ma alla fine tra i titoli di coda non apparirà l'avvertimento che "le storie narrate sono frutto della fantasia degli autori" e "che qualsiasi collegamento con persone vissute e viventi è puramente causale". La storia dell'anno che sconvolse il nostro Paese, che "dal sassolino Mario Chiesa si trasformò in una frana inarrestabile", è raccontata senza filtro e senza risparmiare sui particolari in "1992 - Attacco al potere", in onda martedì 14 e 21 aprile alle 23.00 su History (canale 407 di Sky). E niente è casuale, "rielaborato" e "romanzato". Sarà per questo che vedere, dopo venti anni, l'imprenditore Luca Magni dalla cui denuncia partì "Mani Pulite" raccontare, con il groppo alla gola e le lacrime agli occhi come se non fosse passata che una manciata di minuti, la storia di quel giorno che sconvolse la sua vita e quella dell'Italia intera vale forse più di una fiction. E sentire dalla voce di Roberto Zuliani, capitano dei Carabinieri e nome in codice "Giaguaro", tutti i particolari dell'irruzione nello studio di Mario Chiesa e del suo arresto (anche il fatto che la storia delle mazzette gettate nel water è una balla) tiene incollati allo schermo. Il valore aggiunto delle due puntate di History infatti è proprio questo: i protagonisti non sono solo Chiesa, Antonio Di Pietro e Bettino Craxi ma tutti le persone meno conosciute che stavano al loro fianco e che svolsero un ruolo fondamentale in quei giorni, dai poliziotti e dai carabinieri che eseguirono le perquisizioni e gli arresti agli imprenditori che finirono al centro delle inchieste, dai giornalisti ai fotografi. La vicenda è raccontata con ritmo incessante tra interviste esclusive, materiale di repertorio inedito, ricostruzioni dei luoghi, delle indagini e degli interrogatori. Ecco allora il Di Pietro che, come racconta Filippo Facci all'epoca giornalista de L'Avanti, "faceva Di Pietro e cioè lo sbirro, quello che aveva sempre fatto". Ecco il collaboratore Rocco Stragapede, "la scatola nera" di Di Pietro, con cui il magistrato vive quasi in simbiosi e si capisce al volo tanto da condurre assieme interrogatori "da far paura". E lo spettatore, tenuto per mano da coloro vissero in prima linea quei giorni ma al Tg non comparvero mai, non vede solo il Di Pietro conosciuto ma può sbirciare nella sua sala degli interrogatori, dove lui siede sulla sedia al rovescio e appoggia sulla scrivania montagne di fascicoli gonfi come a dire "Caro indagato, noi di lei sappiamo tutto!". Se qualcuno aprisse quei fascicoli, ci troverebbe solo giornali vecchi ma il bluff regge alla grande. Oppure può scoprire che quando era pensieroso o preoccupato il magistrato si tirava giù i calzettoni e si grattava i polpacci per ore. O come racconta Giancarlo Spadoni, investigatore della Procura di Milano che era il primo ad arrivare e l'ultimo ad andarsene ed riuscito a inculcare alla sua squadra "un metodo di lavoro, legato all'organizzazione e all'informatica, che non aveva uguali in Italia". Non capisco che senso ha parlare d'Europa. Prima di tutto: lo sapete quante squadre vanno in Europa League? la 4° e la 5° 8forse la 6°), al 5° posto al momento in classifica ci sono Viola e Doria con 49 punti, e poi Toro, Milan, Inter. Secondo, vi pare che Preziosi sia un presidente che ami partecipare alle competizioni extra campionato (coppe europee e nazionali)? io penso che sia corretto e sportivamente stimolante dirsi oggi che da qui a fine campionato dobbiamo cercare di giocare sempre al meglio, scendendo in campo per vincere, e magari puntare a quell'8° posto conquistato nel 1963-64 e battuto solo nel 2008-09 (5°) e nel 1991-92 (4°)... da ricordare anche la 7° posizione nel 1948-49, per il resto dal dopoguerra ad oggi, 70 anni di mediocrità di risultati. Sotto, campionato 1989-90, Genoa-Napoli 1-1, il rigore di Maradona che pareggia, da apprezzare l'angolazione del pallone. E forza Genoa!              
      Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che un assegno da 960 euro a figlio (nato o adottato tra il 1° gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017) per le famiglie che abbiano un reddito Isee, da poco riformulato, fino a 25mila euro. Assegno raddoppiato, quindi a 1.920 euro, per chi scenda al di sotto dei 7mila euro. E' finalmente arrivato in Gazzetta Ufficiale il decreto attuativo del bonus per le neomamme, previsto dalla Legge di Stabilità e atteso da un paio di mesi, che sostiene con 80 o 160 euro al mese (a seconda dei parametri Isee di cui sopra) le famiglie di neo-genitori. Il dispositivo attuativo spiega che per accedere al sostegno economico, i nuclei familiare dovranno avere quei requisiti di reddito Isee "alla presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio".  Ieri un gruppo di anziani tifosi del Genoa, quali Rita Armando Paolo Giovanni Lorenzo Davide Claudio Luigi, hanno monopolizzato i commenti sotto l'Emerge con centinaia d'interventi nostalgici, prima e dopo la partita. Nel complesso un mega contributo tra l'RSA (residenze sanitarie assistenziali) e l'Ospizio (luogo in cui sono ricoverate persone anziane bisognose di assistenza), una sorta di tundra patologica caratterizzata da deficit mnesici a macchia di leopardo... tristezze verticali miste a deliranti momenti d'esaltazione, assolutamente decontestualizzati dalla vita reale... violenti slanci affettivi con automatiche devastanti ricadute... ripetuti e commoventi segni di compiacimento eterodiretti... urgenze emotive diventate presto voragini del nulla... almeno una mezza dozzina di diagnosi da DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders)... paranoia, Sindrome di Cotard, allucinazioni olfattive, Sindrome di Pica, Sindrome della mano aliena, Sindrome della paramnesia reduplicativa... insomma, un grazie grande così, questo Genoa ha bisogno di voi, amici: la Storia Continua. E forza Genoa!              
      Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che c'è un candidato russo per il primo trapianto di testa in un altro corpo preannunciato due anni fa dal controverso chirurgo torinese Sergio Canavero: si chiama Valeri Spiridonov, 30 anni, di Vladimir, programmatore informatico. Soffre di una malattia degenerativa, l'atrofia muscolare spinale (o malattia di Werdnig-Hoffmann) che lo ha costretto sulla sedia a rotelle sin dall'età di un anno, impedendogli una vita normale dal punto di vista motorio. Dato il peggioramento progressivo delle sue condizioni muscolari, il giovane ha contattato il dottor Canavero via Skype per iniziare a prendere accordi sulla possibilità di intervento, come ha raccontato ai media russi. ''Bisogna capire che non ho molta scelta. Se non provo questa possibilità, il mio destino sarà molto triste. Ogni anno il mio stato peggiora'', ha spiegato. Molti medici e scienziati hanno criticato il progetto di Canavero dicendo di non credere alla possibilità di successo dell'operazione o di essere molto scettici.  Lecce che si trasforma in una galleria d'arte a cielo aperto, con le opere a invadere bar e ristoranti, negozi e scuole. Cagliari che punta sul contemporaneo e lancia il suo filo rosso sull'altra sponda del mediterraneo per unire Italia, Europa e Nord Africa. Perugia che contamina Medioevo e modernità. Mentre Ravenna trasforma i suoi spazi e riscopre la vecchia Darsena. E Siena si porta avanti per il Giubileo con un viaggio sulla via Francigena. Nasce la capitale italiana della cultura e per il 2015 avrà cinque facce, cinque città con i loro tesori e mille iniziative, per richiamare l'attenzione sul belpaese "museo diffuso", come sottolinea il ministro di beni culturali e turismo Franceschini. Ma anche rilanciare economia e lavoro facendo perno su arte e cultura. Sotto, Russo Manfrin Boito, questa è Storia. E forza Genoa!              
      Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che da repubblica.genova.it leggiamo che "Si è presentata in Questura con il volto tumefatto. «Mio marito mi ha picchiata». Finisce in guai seri l’esterno del Genoa francomarocchino Zakarya Bergdich, 26 anni: la moglie lo ha denunciato per percosse. E non sarebbe la prima volta che succede. La denuncia è stata sporta la settimana scorsa alla Squadra Mobile e sulla vicenda, così delicata, c’è un comprensibile riserbo. La donna, che sarebbe anche incinta, al culmine dell’ennesima lite nella loro abitazione è stata presa a pugni dal calciatore rossoblù. Tanto che agli inquirenti in sede di denuncia ha presentato un referto dell’ospedale Galliera di una quindicina di giorni. In lacrime e sotto choc, ha spiegato che questa situazione di violenza in casa sta andando avanti da diverso tempo, e che Zakarya l’avrebbe picchiata in diverse occasioni. L’ultima, risalente a non più di una settimana fa, l’ha spinta a chiedere aiuto perché si è sentita in grave pericolo. Sfogandosi, ha aggiunto che tutti i suoi tentativi di riportare alla ragione il marito sono stati vani. La Squadra Mobile ha segnalato il caso all’autorità giudiziaria ed è scattata la denuncia per lesioni e maltrattamenti. Per via del certificato medico, la prova che le violenze ci sono state, non è neppure l’ammonimento del questore, ma direttamente una denuncia.  Del caso si sono subito interessati gli agenti delle Volanti dell’Ufficio prevenzione generale della Questura che sono intervenuti su richiesta della moglie dopo l’aggressione. La relazione è stata quindi trasmessa alla Squadra Mobile, che ha preso in mano le indagini". E da ilsecoloxix.it leggiamo che "È stato denunciato per lesioni e maltrattamenti in famiglia Zakarya Bergdich, 26 anni, il calciatore francomarocchino del Genoa, accusato di avere picchiato la compagna, causandole appunto lesioni giudicate guaribili in 15 giorni. Ora l’indagine è passata alla squadra mobile e il giocatore del Genoa dovrà difendersi dalle accuse. La storia è quella di una lite tra fidanzati che va ben oltre le parole e gli insulti. Succede tutto in un appartamento di Cogoleto, tra domenica e lunedì, dove vive Bergdich. Michelle (nome di fantasia) esce da casa a piedi nel tardo pomeriggio di lunedì e chiede aiuto alla Croce Rossa di Cogoleto: è confusa, non parla italiano e ha il volto segnato in più punti. Chiede di essere medicata e, intorno alle sette, viene accompagnata in ambulanza al pronto soccorso dell’ospedale San Carlo di Voltri. «Mi ha picchiata, preso il cellulare e non mi ha fatto uscire da casa», così almeno capisce chi la cura. I segni delle botte sono evidenti: volto gonfio in più punti, una ferita all’altezza del petto e un grosso livido nella parte bassa della schiena come se fosse stata spinta per terra. La conclusione, nella fredda terminologia medica è: 15 giorni di prognosi, salvo complicazioni. «Aggressione da persona conosciuta». I medici chiamano la polizia ed è con loro che Michelle si sfoga. Piange, giura che non è la prima volta che il fidanzato la picchia e ripete che non ce la fa più. Il resto dovrà accertarlo la squadra mobile. Caso grave da valutare con chiarezza, senza frettolose condanne mediatiche, magari sarebbe utile anche sentire il diretto interessato. Però: massima attenzione e una volta accertati i fatti, agire di conseguenza nella direzione più corretta. "Il presidente sa la mia volontà: giocherò qui al 100% l’anno prossimo. Lo potete sottolineare: l'anno prossimo giocherò nel Genoa. M piacerebbe che la squadra non venisse smantellata ogni sei mesi, in questo modo si potrebbe lavorare meglio”. Ben detto Mattia, anche perchè a gennaio 2013 a rinforzare la squadra è arrivata gente come Cassani, Nadarevic, Rigoni, Pisano... a gennaio 2014 Cabral, De Ceglie, Motta... in quello 2015 Laxalt, Costa, Pavoletti, Ariaudo, Bergdich. E forza Genoa!    
         
      Dalla rassegna stampa (e non solo) emerge che "ROMA CITTÀ APERTA - VITO ANNICCHIARICO IL PICCOLO MARCELLO RACCONTA IL SET CON ANNA MAGNANI ALDO FABRIZI ROBERTO ROSSELLINI" . "Anna Magnani dopo 'Roma città aperta' mi chiese se volevo rimanere per sempre con lei, si prendeva cura di me, mi preparava da mangiare e mi comprava i vestiti" ma "mia madre naturalmente disse "assolutamente no": lo rivela Vito Annicchiarico - oggi 81 anni - rivivendo quell'esperienza più unica che rara di 70 anni fa quando, ad appena dieci anni con il nome di Marcello è entrato, con la "mamma" Pina (Anna Magnani) falciata dal mitra tedesco, e con Don Pietro (Aldo Fabrizi) nella storia del Cinema. Quei fotogrammi grondanti dolore sono diventati con il tempo una icona, a simboleggiare la guerra, lo strazio, la morte che in quegli anni hanno attraversato la vita di tutte le famiglie. Ecco perché il "capolavoro del neorealismo" è insieme testimonianza di vita e di sofferenza come racconta Vito-Marcello in un libro in uscita in questi giorni. A 70 anni dall'uscita del film, Vito-Marcello ne svela i retroscena, i segreti, le curiosità e non nasconde anche alcune piccolezze e meschinità impensabili se collegate, ad esempio, ad un attore come Aldo Fabrizi che - racconta Annicchiarico - mal sopportava la concorrenza del bambino che gli rubava la scena. Così mentre la Magnani coccolava il piccolo e lo proteggeva come un figlio, e mentre Roberto Rossellini ("per me un padre, un pezzo di pane") se lo portava dietro ovunque, il "burbero" Fabrizi coglieva qualsiasi scusa per rincorrerlo e minacciarlo a brutto muso: "Se te prendo te sghilombo...". Poi, inaspettatamente, fecero pace davanti ad un cartoccio di supplì. Un ragazzino sveglio, il piccolo "Marcello", che negli anni bui della guerra come tanti coetanei cercava di raggranellare qualche lira come sciuscià, facendo lo strillone e raccattando tabacco dalle cicche per terra. Poi il colpo di fortuna, il film e il contratto ("pensava a tutto la mamma"). Ma non furono tutte rose e fiori neanche per il grande Rossellini che ebbe grosse difficoltà economiche e - come rivela Annicchiarico - arrivò al punto di doversi vendere la catenina d'oro che portava al collo. Durante le riprese del film (condizionate dalla quantità di pellicola a disposizione) la Magnani visse uno dei momenti più brutti della sua vita, la malattia del figlio Luca colpito dalla poliomielite. Anche per questo "Nannarella" ha sempre ricordato il film "Roma città aperta" con un'ombra di dolore: "Sì, è un film sempre molto bello. Solo che non posso più vederlo: non piango, però torno a casa e sto male, tanto che quando lo riprendono, dico non mi invitate, non mi chiedete di intervenire, non mi va più". Sbirciando la bella partita di ieri sera (Napoli-Lazio), ho avuto conferma che la Coppa Italia è potenzialmente una bellissima competizione (ieri al San Paolo c'erano ben 46.477 paganti, incasso 328.791,80 euro), ho capito che Felipe Anderson è un fuoriclasse e che Stefano Pioli è un ottimo tecnico. Sotto, l'inutile Genoa-Juventus 2-1, stagione 1983-84: Antonio Cabrini, ai tempi detto il fidanzato d'Italia, e Nazzareno Canuti, brutto come il peccato. E forza Genoa!    
  
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